Alcuni videogiochi non appartengono a una generazione: appartengono alla storia.
Sono opere nate in epoche lontane che, grazie a idee straordinarie e visioni coraggiose, continuano a evolversi, a stupire e a ispirare. Non si limitano a intrattenere: dettano le regole, definiscono nuovi linguaggi e attraversano il tempo con la forza dei miti.
Da Super Mario a GTA, passando per Tetris, Doom o Dragon Quest, questi classici videoludici rappresentano la memoria viva dell’industria: un ponte tra passato, presente e futuro del gioco.
Cosa tratteremo
Super Mario – Il codice genetico del videogioco moderno
Ogni medium ha un simbolo universale, e per il mondo dei videogiochi quel simbolo ha un nome: Super Mario.
Nato nel 1985 dalla mente di Shigeru Miyamoto, il piccolo idraulico di Nintendo ha fatto molto più che saltare tra funghi e tubi: ha costruito le fondamenta del game design contemporaneo.
Con Super Mario 64, nel 1996, ha riscritto la grammatica dei giochi tridimensionali, inventando di fatto il linguaggio dei platform 3D. Da allora, ogni generazione ha avuto il suo Mario, ognuna diversa, ognuna capace di stupire.
Gli ultimi capitoli, Odyssey e Wonder, mostrano un equilibrio raro tra tradizione e innovazione, confermando che Nintendo non crea solo giochi, ma esperienze che restano.
E mentre i fan attendono la nuova avventura su Switch 2, una cosa è certa: Mario non è solo un personaggio, è la forma più pura del divertimento.
Street Fighter – La disciplina del combattimento digitale
Ci sono giochi che si limitano a intrattenere, e altri che creano un linguaggio universale.
Quando nel 1991 Street Fighter II arrivò nelle sale giochi, il mondo scoprì un nuovo modo di competere. Le sue meccaniche perfette, i colpi caricati al millisecondo, la strategia dietro ogni mossa lo resero un punto di riferimento assoluto.
Oggi, Street Fighter 6 ne è l’evoluzione naturale: un titolo che unisce rispetto per il passato e voglia di futuro. Con controlli moderni, modalità storia espansiva e una community globale, Capcom ha dimostrato che il suo franchise non è nostalgia, ma una scuola di tecnica e identità.
A più di trent’anni dal debutto, Street Fighter non è solo un videogioco: è un’arte marziale in forma digitale.
Tetris – La perfezione dell’idea pura
Non serve una trama per creare un capolavoro.
Basta un’intuizione semplice, limpida, geniale. È il caso di Tetris, nato nel 1984 dall’ingegno del russo Aleksej Pažitnov.
Blocchi che cadono, righe che scompaiono: una sfida alla logica e ai riflessi che, quarant’anni dopo, resta immutata.
La sua semplicità perfetta è ciò che l’ha reso eterno.
Dal Game Boy agli smartphone, ogni epoca ha avuto il suo Tetris. Con Tetris Effect, l’esperienza è diventata quasi meditativa, trasformando un puzzle in un viaggio sensoriale.
Nessun’altra opera videoludica ha dimostrato con tanta chiarezza che la grandezza non nasce dalla complessità, ma dall’equilibrio.
Monkey Island – L’umorismo che ha insegnato a raccontare
Prima che il realismo tecnico dominasse il mercato, c’era un’epoca in cui i videogiochi vivevano di parole, enigmi e immaginazione.
Nel 1990, LucasArts pubblicò The Secret of Monkey Island, e il mondo scoprì che il videogioco poteva essere un racconto brillante e ironico, un romanzo interattivo che faceva ridere e pensare allo stesso tempo.
Il ritorno di Ron Gilbert con Return to Monkey Island (2022) ha riportato in vita quello spirito, fondendo nostalgia e modernità in un equilibrio raro.
Non è solo un revival: è la conferma che l’umorismo, la scrittura e l’intelligenza restano armi potentissime, anche in un mondo dominato da grafica e realismo.
Dragon Quest – La tradizione che non invecchia mai
Se in Occidente Final Fantasy è sinonimo di fantasy giapponese, in patria il vero re ha un nome solo: Dragon Quest.
Creato nel 1986 da Yuji Horii e illustrato dal leggendario Akira Toriyama, è il gioco che ha definito l’essenza del JRPG: eroi, missioni, combattimenti a turni e una visione positiva del viaggio.
A quasi quarant’anni dal debutto, la saga continua a essere un fenomeno nazionale in Giappone e un punto di riferimento per tutto il mondo. Dragon Quest XI ha riportato la serie al successo globale, e l’atteso Dragon Quest XII promette di rinnovarne ancora la formula.
Ciò che sorprende è la sua fedeltà alle origini: un design classico che non teme il tempo, perché la vera forza di Dragon Quest è la sua coerenza.
Ogni capitolo è una promessa mantenuta: crescita, avventura, meraviglia.
Doom – La furia che non si estingue
Nel 1993, id Software lanciò Doom e, con esso, l’intero genere degli sparatutto in prima persona.
Nessuno prima aveva offerto un’esperienza così veloce, violenta e coinvolgente. Doom non inventò il genere, ma gli diede una forma, un suono e un ritmo.
Dopo un periodo di pausa, il reboot del 2016 e Doom Eternal hanno riportato la serie ai vertici, riscoprendo la potenza dell’azione pura.
L’ultimo capitolo, Doom: The Dark Ages, funge da prequel e mescola estetica medievale e brutalità futuristica, con un gameplay che rende il giocatore una forza inarrestabile.
Tre decenni dopo, Doom resta sinonimo di energia, di adrenalina, di pura essenza videoludica.
Ogni colpo di fucile è storia del medium.
Grand Theft Auto – La libertà come manifesto
Pochi giochi hanno avuto l’impatto culturale di Grand Theft Auto.
Nato alla fine degli anni ’90 come esperimento bidimensionale, esplose nel 2001 con GTA III, introducendo il concetto moderno di open world.
Da allora, ogni capitolo ha rappresentato un salto in avanti nella narrazione interattiva e nella costruzione di mondi realistici.
GTA V è oggi uno dei titoli più venduti e giocati di tutti i tempi, un microcosmo sociale e digitale in continua evoluzione.
Con GTA VI atteso per maggio 2026, Rockstar Games si prepara a riscrivere ancora una volta il concetto stesso di intrattenimento.
Ogni episodio della saga è un affresco urbano, una riflessione sulla libertà e sulle contraddizioni del mondo reale.
GTA non imita la realtà: la interpreta.
L’eredità dei videogiochi immortali
Cosa rende un videogioco davvero immortale?
Non la grafica, né la potenza di calcolo, ma la capacità di generare emozioni durature.
I grandi classici del passato non vivono di nostalgia: vivono perché continuano a dire qualcosa di nuovo a chi li gioca oggi.
Super Mario, Street Fighter, Tetris, Monkey Island, Dragon Quest, Doom e Grand Theft Auto hanno saputo attraversare il tempo reinventandosi, restando fedeli alla loro anima.
Hanno insegnato che un videogioco può essere arte, linguaggio, identità.
E quando un’opera riesce a fare questo, non ha più bisogno di tempo per esistere: diventa eterna.