La mitologia greca è di sicuro tra le più affascinanti ed originali tramandate fino ai giorni nostri. Raccoglie numerose storie di miti e leggende dell’antica Grecia che raccontano una visione del mondo alternativa, fornendo morali o spiegando l’origine di animali o di fenomeni naturali.

Alcuni di questi racconti riguardano anche l’ira degli Dei che, a causa di invidie o gelosie, si scatena sui comuni mortali.

Il mito di Aracne è un esempio di comportamento non proprio esemplare di una Dea dell’Olimpio, ossia Atena, la quale punisce la fanciulla per la sua arroganza e superbia. È un mito molto frequente nella letteratura. Lo ritroviamo, ad esempio, nelle Georgiche di Virgilio, nelle Metamorfosi di Ovidio e nella Divina Commedia di Dante.

Aracne: la fanciulla punita per la sua arroganza

Protagoniste di questo mito sono l’orgogliosa Aracne, un’abile tessitrice proveniente da una piccola città della Lidia, e la Dea Atena, considerata, oltre che la dea guerriera, anche la dea della filosofia, della ragione e delle arti.

Secondo la leggenda, Aracne era talmente brava nel tessere che le sue creazioni erano ritenute piene di grazia e delicatezza. Si pensava, addirittura, che avesse imparato questa abilità dalla Dea Atena. La fanciulla, al contrario, sosteneva con orgoglio di avere appreso l’arte da sola e che, addirittura, fosse più brava della Dea dell’Olimpo, tanto da sfidarla in una pubblica gara.

Atena, appresa la notizia, fu sopraffatta dall’ira e, offesa dalle parole della fanciulla, decise di scendere sulla terra sotto le spoglie di un’anziana signora.

Incontrò Aracne e le suggerì di ritirare la sfida rivolta alla Dea, accontentandosi di essere la migliore tra gli umani, mettendo così da parte la sua arroganza ed il suo orgoglio. In questo modo non avrebbe scatenato l’ira di Atena.

Aracne non accettò il consiglio ma, anzi, rinnovò la provocazione, sostenendo che, se la Dea non avesse accettato la sfida, l’unico motivo sarebbe consistito nel timore di perdere. A quel punto Atena decise di palesarsi e di mostrarsi nelle sue vere sembianze, accettando la sfida di Aracne.

Poste l’una di fronte all’altra, iniziarono a tessere le loro opere per interi giorni ed intere notti, raffigurando scene diverse tra di loro.

Atena decise di rappresentare lei stessa e le sue abili gesta; Aracne invece rappresentò gli amori degli Dei, le loro passioni ed gli inganni di alcuni di loro.

 

La sconfitta di Atena

Terminato il lavoro, la stessa Dea dovette riconoscere la bravura di Aracne. Le tele della fanciulla erano infatti di una bellezza tale che i personaggi raffigurati sembravano animarsi ed uscire dalla tela.

Atena non accettò l’evidente sconfitta e, in preda all’invidia e all’ira, distrusse con rabbia la tela della rivale, riducendola in mille pezzi.

Picchiò, inoltre, la fanciulla che, sconvolta dalla reazione della Dea, fuggì nel bosco dove tentò il suicidio impiccandosi ad un albero.

Atena impedì ad Aracne di togliersi la vita, pensando che la morte non fosse una giusta punizione per l’arroganza dimostrata (in greco hybris). La condannò invece ad un castigo peggiore: la trasformò in un gigantesco ragno, costringendola a tessere dalla bocca per il resto della sua vita e a dondolare dall’albero dove tentò di suicidarsi.

Ragnatela con ragno

Significato del mito di Aracne

Il concetto dell’hybris è molto frequente nei miti e nelle leggende. Significa letteralmente superbia, eccesso, tracotanza ed indica una colpa dovuta ad un comportamento che viola le leggi divine.

Nel mito di Aracne si riferisce all’orgoglio e alla superbia dimostrati dalla fanciulla nel ritenersi migliore della Dea Atena, osando addirittura sfidarla. Nell’antica Grecia, questa presunzione era ritenuta una delle colpe più gravi di un umano tanto da essere punita con un castigo divino.

È, dunque, una storia contro l’arroganza e la presunzione la cui morale può essere adattata anche ai giorni nostri: anche se si è più bravi di chiunque altro nell’eseguire qualcosa, bisogna comunque rimanere umili.

Il mito dimostra, inoltre, come anche gli Dei presentino debolezze umane. Nei miti greci, spesso, sono proprio gli stessi a provocare emozioni umane come, in questo caso, ira e invidia.

Infine, attraverso questo mito, gli antichi greci hanno voluto spiegare l’origine dei ragni e delle loro tele. È un racconto che ha avuto risonanza anche nel mondo scientifico: da Aracne deriva, infatti, il termine aracnofobia, ossia la paura dei ragni.