Non una, ma ben quattro versioni rappresentanti L’Urlo, opera tanto celebre, quanto popolare e significativa. Il dipinto presente in tutti i libri di storia dell’arte del pittore norvegese è del resto parte integrante dell’immaginario collettivo riferito all’arte moderna internazionale. E sicuramente per molti è uno dei dipinti più rappresentativi della fine dell’Ottocento.

L’ossessione di Munch. L’Urlo

L’aspetto più intrigante e affascinante non è soltanto il vortice di colori ed emozioni che cattura l’attenzione in modo fulmineo e misterioso. Ma, prestando un’attenzione più approfondita, il suo significato.

L’opera, del resto, prende vita da un episodio ben preciso che l’artista stesso racconta tra le pagine del suo diario. Un’opera che dunque rivela non soltanto uno stile rappresentativo per l’epoca, ma anche uno spaccato psicologico rappresentato attraverso forme e colori. In quest’opera vi è perciò racchiusa una delle più profonde riflessioni generate dalla mente umana. Oltre che un’esperienza di vita e la sensibilità artistica di uno dei più importanti pittori dell’Europa di fine Ottocento.

Una passeggiata tra le paure dell’inconscio

L’Urlo di Munch racconta in primo luogo la sensibilità dell’artista. Ciò si evince dal racconto che egli recuperò dal suo stesso diario per completare l’opera pittorica quando la espose in una seconda versione.

Attraverso la lettura del racconto a cui l’opera pittorica si riferisce è possibile ricostruire esattamente l’accaduto e scoprire le più segrete emozioni dell’artista. Tra le pagine in questione si legge di come il pittore norvegese una sera stesse attraversando un viottolo che tagliava in due una collina, accompagnato da due amici. L’ora era quella del tramonto che precede il crepuscolo e che per un attimo fa incontrare i colori del giorno e della notte. Nell’immaginario dell’artista quei colori furono capaci di risvegliare inconsce emozioni in una personalità che già notoriamente era colpita da depressione e stati d’ansia. I colori caldi del sole incontravano quelli freddi del crepuscolo e alimentavano nell’artista un senso di paura e angoscia. A tal punto di portarlo verso un’esperienza sinestetica.

Fu questo evento che, secondo lo stesso Edvard Munch, egli sentì nelle sue orecchie un vero e proprio urlo, un urlo di terrore. Questo ricordo fu poi rielaborato dal pittore per essere esposto insieme all’opera risalente al 1895, corrispondente alla terza di una serie di quattro e di cui la prima porta la data del 1893.

L’Urlo di Munch. Il vero significato dell’opera

Anche se l’opera nasce da un episodio apparentemente banale, una passeggiata, l’esperienza unica e forte vissuta dal pittore norvegese generò un impatto fortissimo che egli rappresentò non una, ma ben quattro volte. Per capire il significato della rappresentazione è utile comprendere come le emozioni provate dall’artista cercarono una veste materiale nelle esperienze vissute precedentemente. La figura iconica e calva, dagli occhi scuri e infossati, con le mani al volto che esprimono terrore è stata con molta probabilità ispirata dalla mummia peruviana che Edvard Munch avrebbe osservato, molto probabilmente, pochi anni prima presso il Musée de l’Homme del Trocadero, a Parigi.

Del resto, come egli stesso racconta, angoscia e distruzione furono tra le emozioni più vive vissute in quel momento e il riferimento con la morte è perciò molto probabile. Disperazione e terrore sono quindi le emozioni che raccontano un significato quasi nascosto e che vuole esprimere la paura verso qualcosa che non si conosce. Ma che comunque è in grado di rendere ogni individuo inerme di fronte alle sue stesse emozioni e paure, anche quando queste non trovano fondamento alcuno.